La prima passeggiata - Linda Carrara

a cura di Martina Lolli
16 novembre 2021 - 30 gennaio 2022
The Open Box - Milano

È in noi che i paesaggi hanno paesaggio.
Fernando Pessoa

Ne Il libro dell’inquietudine Pessoa ci invita a riflettere su come ogni processo visivo considerato oggettivo sia destinato allo scacco: il paesaggio è negli occhi e nel cuore di chi guarda.
Nel paesaggio, in cui quotidianamente ci immergiamo e prendiamo le distanze, capita di essere assorbiti da corrispondenze e affinità capaci di amplificare le leggi della natura, farsi sangue del nostro corpo, restituirci uno sguardo che ci riguarda. In quella posizione ci sentiamo originari, ci confondiamo tra entità come essenze: ci immergiamo nella contemplazione perdendoci nel ritaglio di mondo da noi selezionato. Entità pacifica che trattiene i nostri umori, il paesaggio si lascia permeare dalle individualità fino a intrappolarci in esso, trattenuti nel gioco infinito tra natura e artificio, in ascolto dei richiami silenziosi che si ingenerano sulla pelle delle cose, in attesa che le texture fioriscano sulle sezioni dei tronchi, partecipando così alla magia della trasformazione alchemica dei materiali.
Esistere in questa mise en abîme è lasciare che il pensiero si perda fra i rimbalzi di identità, è divergere all’infinito nella différance, in quello scarto di senso che Jacques Derrida pone alla base del suo pensiero filosofico e che rintraccia nella distanza incolmabile tra l’espressione e il senso di una cosa – fra il volerla definire e il suo significato.

E quando il massimo della trasparenza sembra annunciarsi irrompe l’opacità più implacabile, un’opacità che squalifica qualsivoglia identità a sé.
Igor Pelgreffi

Forse è sul crinale di questa opacità che l’opera di Linda Carrara (Bergamo, 1984) meglio si colloca, come un invito a un viaggio iniziatico messo in moto dalla scoperta di un paesaggio portatore della sua différance.
La visione – sospesa in una direttiva prospettica – fornisce l’accesso allo scenario sublime di sagome vibranti in cui amiamo naufragare. L’opera apre alla contemplazione in senso letterale: il paesaggio de La prima passeggiata inquadra una porzione di universo e permette di dispiegare un’ottica in cui la trasparenza delle forme trascende la loro pacifica evidenza. È in questo momento che l’immagine si fa icona acquisendo una opacità del tutto nuova: il paesaggio esibisce i suoi livelli di senso e il palinsesto di segni che vive all’interno aderisce a una dimensione dove la finzione-trasparenza non può che rimandare ad altro.

Sarebbe mai possibile vedere con occhi fermi un paesaggio come se l’uomo che guarda non esistesse in un dato luogo, ma in un altrove?

L’icona è il luogo in cui la différance si fa breve, il minuto eterno in cui la divergenza fra la forma e il senso è ridotta ai minimi termini, attimo in cui la trasparenza e l’opacità sono due facce della stessa medaglia. È un alludere alla forma primigenia delle cose, dove i sembianti si cristallizzano in una vagheggiata purezza. È nell’opacità – quel gap di senso incolmabile – che vive il paesaggio, dove chi guarda comincia a vedere e la contemplazione pacifica si risolve nella perfezione di una visione difficilmente replicabile.