Quello che rimane - Minus.log

Cure 01 - Minus.log

a cura di Martina Lolli
12 marzo – 12 aprile 2016
Museolaboratorio ex manifattura tabacchi
Città S.Angelo - Pescara

“Quello che rimane” è la prima personale di Minus.log, collettivo che lavora sulla riduzione di stimoli visivi e uditivi, composto da Manuela Cappucci e Giustino Di Gregorio. L’esposizione presenterà opere inedite che fanno parte della loro più recente ricerca: installazioni audio-visive, lavori pittorici, video e stampe nati dal dialogo fra l’uomo e la tecnologia.
La candide stanze del Museolaboratorio accoglieranno ambienti immersivi in cui la tensione si allenta e i ritmi decelerano: proiezioni di linee di luce si attivano su eleganti supporti scultorei al ritmo di un tappeto sonoro minimalista (Cure); il soverchiante cyberspazio del web si fa caldo quando si intuisce un’umanità di fondo nel ripetersi di casuali errori di battitura su una pagina bianca (No matter how many times, repeat); rarefatte tracce pittoriche vibrano su tele e garze intrise di pigmento bianco creano delicati chiaroscuri da percepire con attenzione.

 
La ricerca di Minus.log esplora il fascino e la poesia dell’errore umano accostato alla perfezione del digitale attraverso un’interazione che genera attesa, ripetizione, ritardo o meglio scarti della produttività che indicano un pensiero divergente. Questo calo di “pressione” temporale si propone come momento di sospensione al celere flusso degli scambi comunicativi di oggi, sostenuto e alimentato da una tecnologia che detta i tempi all’uomo e che,  richiedendo prestazioni aumentate, ne anestetizza la sensibilità. In “Quello che rimane” la tecnologia non è antagonista dell’uomo, ma interagisce con esso e diviene dispositivo poetico che amplifica le sue capacità di ascolto e di osservazione. Dalla fruizione degli ambienti emergeranno risonanze emotive legate al bagaglio di esperienza dell’individuo e alla sua vita interiore; infatti con il titolo “Quello che rimane” non si allude solo alla cifra estetica, ma anche a un personale portato esistenziale che le opere di Minus.log andranno a toccare facendo riemergere memorie sedimentate in particolari stati d’animo. “Allentare il pensiero per lasciare zone di senso lato significa intravedere nelle sue smagliature un qualcosa di nuovo e remoto allo stesso tempo, qualcosa che permane a lungo perché è sempre stato lì”.

 

Il tempo essenziale (di Martina Lolli)

Molte le interpretazioni su cosa sia l’essenza del nostro essere: Antoine de Saint-Exupéry direbbe che è qualcosa di invisibile agli occhi; per Julio Cortázar è assecondare l’inspiegabile e beffardo gioco del destino che porta a incontri sconvolgenti; per Don DeLillo è invece assaporare l’immobilità di un luogo fuori dal tempo e dallo spazio e ritrovarsi in esso.
Nell’arte di Minus.log l’essenziale diviene elegante cifra estetica ma anche fondamentale questione concettuale legata a un tempo che sfugge alla misurazione oggettiva per farsi fluido e relativo. Minus.log lavora sulla sottrazione di quegli stimoli visivi e uditivi che saturano i nostri sensi giorno per giorno realizzando opere che siano anche luoghi, ciò che Didi-Huberman chiama “zone di calma” destinate a rendere possibile un atto di sguardo. Godere di queste opere presuppone quindi un “dono di visibilità” che solo un animo predisposto può dispiegare, un animo che sia incline a investire del tempo per graffiare la superficie dell’essenza. “Quello che rimane” è rarefazione estetica ed esistenziale, atto del togliere che risveglia una visione assuefatta per attingere a ciò che ogni individuo ritiene importante ed essenziale; è l’orma labile di un luogo che si perde nelle volute della memoria. Per recuperare queste eccedenze si può scegliere di accogliere qualcosa di apparentemente superficiale e superfluo come l’errore, la pausa, la vacuità di senso, la ripetizione e l’attesa, residui della nostra forsennata produzione di immagini. I ricordi stessi divengono presto detriti che si depositano, qualcosa da accantonare in velocità per far spazio ad altro e in questo processo bulimico ogni immagine immaganizzinata diviene sterile rifiuto. Allentare il pensiero per lasciare zone di senso lato significa intravedere nelle sue smagliature un qualcosa di nuovo e remoto allo stesso tempo, qualcosa che permane a lungo perché è sempre stato lì, ma che si rinnova di volta in volta, o ancora trasformare questi detriti in rimanenze significanti e far riecheggiare i ricordi in memorie. Ciò che conta in questo luogo è saper attendere e smarrirsi nell’apertura di un accadimento interiore in cui ci si concede un incontro con se stessi.

L’esperienza che ne deriva lascia affiorare ciò che rimane, la traccia di queste memorie affastellate che sopravvivono in noi poiché legate a particolari stati d’animo e a risonanze emotive che si sono silentemente stratificate nel nostro essere.

E così, nel tempo perduto di questa esperienza, tempo di nessuna utilità, i dettagli si amplificano e perdendosi nel loro gioco superficiale la nostra anima si addentra nella dimensione dell’immaginazione in cui il vedere troppo diviene vedere dentro. Recuperare le forme sedimentate dell’anima, per ritrovarsi nuovi, significa accettare che il nostro spirito vive anche del vuoto e della latenza, spazi in cui la più banale delle scoperte acquista un suo interesse come “un inaudito miscuglio di realtà e di nostra essenza” (Cesare Pavese).

Nella ricerca di Minus.log l’essenziale è pura forma, ma anche qualcosa che non è percepibile se non chiudiamo gli occhi; è un dono, poiché lo si incontra per caso e ci sorprende ogni volta; è luogo di sospensione dove, nell’inganno dell’attesa, realizziamo che il tempo sprecato è il tempo della vita di cui “ciò che rimane”  è la sostanza. 

 

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